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Buon genetliatico, Salvatore Giuliano

100 anni, immagina. La coltre del tempo avrebbe dovuto cancellare quelle macchie che ancora

deturpano la tua storia umana. Non scriverò dei tuoi trascorsi da fuorilegge, talvolta spietato, ma non più dei tempi che ti vedevano giovane contadino alle prese con una Storia assai più grande della tua e di quella dei tuoi compaesani. Montelepre, un tratto sulla cartina geografica, divenuta caput Mundi, per ciò che rappresenta ed esprime, il racconto volgare, egemone, del Potere che non conosce verità, se non quella che asserisce il proprio dominio sugli oppressi. Racconto che pretese il sangue, il dolore e le lacrime della gente del tuo paese, torturata e seviziata in modo inumano, sfinita a pugni e a calci, legata in ceppi, uomini, donne, vecchi e bambini. Voglio ricordare appunto quella trama di verità di comodo, intessute da narrazioni via via ostili, poi asimmetriche, infine egemoni, quelle che raccontano a noi poveri umani ciò che il potere vuole che si sappia. Fosse anche una fantasiosa rivisitazione delle nostre storie personali.

Abbiamo provato, Turiddu, a scompaginare l’asserita verità di comodo dei potenti. Abbiamo, in tanti, io solo per ultimo, a descriverti per come eri, un giovane travolto dagli avvenimenti, più violento di altri, incapace di immaginare altra vita che quella di contadino, di ragazzo monteleprino, giovane contrabbandiere, poi bandito in fuga. Ci abbiamo provato, ma menti sopraffine hanno continuato a servirsi della inesausta macchina del consenso, della credulità della gente, della professionalità asservita dei giornalisti e degli accademici, della sete di vendetta degli storici dell’ultimo momento, per fare di te un mostro, per cucirti addosso un’altra vita, tra violenza e viltà.

Non che tu non fossi da biasimare. Avevi intrapreso la strada della montagna, convinto di fare giustizia contro quello Stato e quelle istituzioni che, da una parte, trescavano con quei mafiosi che mai ti erano piaciuti, e dall’altro costringevano alla fame i tuoi compaesani. Certo, il tuo comportamento fu spesso da stigmatizzare, in modo deciso, da combattere in nome di quella legge non scritta che fa di ogni uomo una Persona da rispettare e non da uccidere, ma chi fa la “legge”? Se non quello stesso Stato-Istituzione che, dei torti, il più delle volte subiti dalla povera gente e perpetrati dai violenti, se ne frega? Chi decide che il dente per dente, l’occhio per occhio, sia solo un tratto di quell’Antico Testamento, per altro esaltato, nelle sue descrizioni più crude, da nuovi e vecchi popoli eletti, e non un imperativo categorico? Come e perché criticare la tua voglia di vendetta quando agivano, attorno a te, iene assetate di sangue, con i tratti del nuovo potere che veniva impaludato dai vincitori anglosassoni?

Ma proprio approfittando del tuo istinto da giustiziere, ti hanno cucito addosso una saga da vigliacco, spietato criminale, insensibile ai lamenti della propria gente, ti hanno dipinto come una primula rossa della guerra civile che nel continente continuava a deturpare anime e corpi, ti hanno descritto come un vigliacco capace di vendere i propri amici.

Ma quando mai?

Allorché, persino i carabinieri, che erano parte di quel sistema che andava corrompendosi nell’immediato dopoguerra, segnalavano la corruzione dei Consorzi per l’ammasso del grano, quando i piccoli proprietari venivano brutalmente vessati, mentre i corruttori passavano i posti di blocco lucrando sulla fatica e sulla fame della gente, tu decidesti di passare il fronte, ammazzando forse il meno colpevole di tutto quell’esercito che ti pareva invincibile e spietato, un altro povero cristo caduto su uno dei fronti opposti, quelli che il Potere immagina e realizza, per continuare indisturbato il suo percorso di morte e sopraffazione

Un commentatore politico, intriso di rabbia per la personale disgrazia vissuta, ti ha descritto come una spia nazista, minaccioso corriere di interessi che spaziavano dal latifondo siciliano alla violenza dei grandi trust della ricostruzione, alla mediazione politica di un mondo di padroni e di schiavi. E un suo epigono, un fumettista, è di questi giorni che ti descrive nei suoi “cartoon sticker” come il mostro che ruba ai poveri per dare ai ricchi. Proprio a te, ti si dipinge così, in maniera subdola, senza prove, tu che con i ragazzi socialisti, i ragazzi indipendentisti, i ragazzi del contrabbando, dividevi pane e fughe in montagna?

E, quasi a smentire questo narrazione perversa, ma mai a cancellarla del tutto, perché tutto serve ad erigere questo racconto da folli, questo Stato imbelle, che ancora mortifica la tua gente, ti voleva invece fuggitivo sulle montagne, per trattenere in Sicilia un esercito di occupazione che, mentre asseriva di doversi occupare di un solo bandito in fuga, significava invece il controllo dell’Isola con le connivenze mafiose e il contrasto a tutto ciò che fosse avvertita come istanza sociale, rivendicazione socialista ed indipendentista, rivolta popolare. Ma, al potere, oggi, va bene pure che si confondano le due narrazioni, che tu fossi da trattenere sui tuoi monti, e che tu fossi invece confuso tra ustascia e terroristi dell’Haganà, tra gli uomini di Borghese e i criminali ai piedi del Kumeta, dove spararono per davvero quelli che intendevano uccidere a Portella: e non furono i tuoi uomini

Hanno fatto della tua vita un romanzo in mille puntate, una più immaginaria dell’altra, come un serial televisivo che avvince grazie alle sue castronerie e alle deformità del racconto

Abbiamo provato, prima altri, poi io stesso, a proporre una dettagliata analisi balistica della tragedia di Portella, e vivaddio ne esci assolto, come avresti potuto sparare con quei vecchi fucili che surriscaldavano, mancando il bersaglio, dopo la prima scarica di piombo, lassù sulla Pizzuta?

E come avresti potuto odiare i comunisti quando Adelina Bonura, una ragazza nata nei paesi disperati di quella Sicilia occidentale, iscritta fin da subito al Partito Comunista, diceva di te che fossi l’unico in grado di aiutarli, lei e i suoi compagni di fede, l’unico a dividere i proventi del contrabbando con la povera gente. E come avrebbero potuto sparare sulla folla di Portella i tuoi uomini, quasi tutti iscritti al partito, con familiari ed amici di fede comunista, laggiù nella piana di Portella?

E come avresti potuto organizzare i raid contro le Case del Popolo, se la mafia di Partinico controllava ogni mossa di amici e nemici e tu, dei mafiosi, eri nemico, fosse solo per il fatto che divisioni dell’esercito e poliziotti e carabinieri potevano disturbarne i traffici? Raid dimostrativi in cui per caso ci scappò il morto, anzi due, e ne fu sorpreso persino Scelba, che aveva le mani in quella pasta scotta ed avvelenata. Tutto ben organizzato da una regia sapiente ed occulta, ogni azione doveva condurre a te, che invece eri in fuga, “protetto” anzi affidato alla mafia, anzi controllato dalla mafia, dai servizi segreti, da falsi amici compiacenti.

Ma tutto fu utile per dipingerti come un nemico.

E la strage di Bellolampo? Che servì al ministro dell’interno per fare piazza pulita dei poliziotti, troppo collusi con la mafia- fatto che macchiava l’onore degli uomini di governo, adusi a trescare porcherie ma dietro le quinte- e ad affidare la lotta contro un uomo solo, un bandito in fuga, al colonnello dei CC Luca, ex informatore dell’OVRA? Come avresti potuto organizzarla, in modo tanto spettacolare, lasciando addirittura in vita, senza un graffio addosso, i rappresentanti e le alte cariche di quello Stato oppressore, sorprese allo scoperto nel punto più esposto, tra piazza Noce e il passo di Rigano, dopo aver ammazzato ragazzi innocenti che vestivano una divisa diversa dalla tua? Ma anche di Bellolampo ti hanno fatto carico. Del resto, come controllare la Sicilia senza le “divisioni Sabaude”, come quella che aveva sparso il sangue dei contadini socialisti e dei ragazzi indipendentisti in via Maqueda a Palermo? Un ricordo che il noto commentatore politico fatica a menzionare, del resto il suo odio personale contro di te annebbia qualsiasi considerazione che non ti porti sul banco degli accusati. A discapito di ogni logica di partito e di ideologia

Tu fosti un fuscello spazzato via dalla terra da criminali la cui caratura era di gran lunga superiore persino a quei mafiosi che si apprestavano a tornare a governare il tuo mondo, al servizio del potere di quello Stato che si faceva forte sui deboli, ma prono ai voleri del vincitore yankee, che ancora oggi offende con le sue basi militari la tua Sicilia.

Ma oggi, che ricorrono i cento anni dalla tua nascita noi, che abbiamo sempre combattuto la violenza cieca, la voglia di vendetta e di sangue che, purtroppo, in certi momenti tragici della tua vita, caratterizzò il tuo agire, almeno possiamo prometterti che continueremo a contrastare la narrazione egemone con la nostra voce e il nostro impegno, forti di verità che appaiono con chiarezza sui documenti e sulle carte e dalle testimonianze, fatti che non mentono, sensazioni che non gelano, come le nostre radici, come il ricordo dei fiori recisi negli anni più belli, giovani uomini e giovani donne che hanno percorso la strada della sincerità e della giustizia, contro le menzogne di Stato, contro le trame del potere, contro la rabbia cieca di chi vuole imporre una propria verità di comodo

Almeno questo possiamo promettere, colonnello. Forse l’unico titolo che ti fa giustizia. Noi disponiamo di documenti e testimonianze che, nonostante la censura di Stato, ricordano i tuoi attacchi a fuoco contro rappresentanti politici e militari statunitensi, accompagnati spesso dai rappresentanti delle istituzioni italiane, molti dei quali dipinti come tuoi “amici”, tra Borgetto e Segesta, proprio presso quel ponte di Sagana sul quale fu costruita un’altra ignobile verità di comodo, il tuo passaggio alla reazione contro i tuoi compaesani e contro i contadini comunisti. Questi documenti testimoniano che continuasti a combattere contro i nemici vecchi e nuovi della tua terra, magari senza un piano preciso, magari macchiandoti di soprusi, di azioni per nulla edificanti, rincorrendo vendette personali. Ma non siamo qui per giudicare i tuoi errori, ma gli errori e gli orrori della Storia, le verità di comodo del Potere.

Puoi riposare tranquillo, generazioni nuove combattono la tua battaglia contro quegli stessi nemici, contro quelle forze oscure che schiacciano la tua Sicilia, della quali confusamente tracciavi contorni e storia, povero contadino siciliano, senza cultura e travolto dagli avvenimenti. Un racconto di gesta che, inevitabilmente e nonostante le ignominie e le menzogne, ti vede ancora oggi protagonista di un movimento di lotta che si perpetua, inesausto ed invincibile, con i formidabili “ragazzi del Vespro”.


Maurizio Castagna

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