Simone o dell'universale
La dimensione oltre l’umano, laddove lo Spirito incontra l’Universale.
Ecco quel che unisce il bardo alla filosofa francese. E partiamo da qui, per rendere merito a quanto, di originale, la Weil seppe suggerire agli oppressi, studiandone la condizione umana, pagando in prima persona l’intuizione che dovesse esserci un diverso modo di intendere la scienza sociale, descrivendolo dal di dentro, con la propria passione civile.
Con il poeta ebbe in comune la visione eroica della vita nella dimensione dello spirito, che si universalizza nella consapevolezza di poter attingere all’ineffabile
“…al di sopra dell’idolo sociale, il patto originario dello Spirito con l’universo…”
Così Shakespeare cantò i suoi umanissimi personaggi, i caduti e i risorti, gli eroi e i deboli, travolti e tormentati dall'amor fati, tesi a perpetuare la memoria di sé, o destinati a morire nel ricordo degli uomini, qui ed ora (come possiamo dimenticare la sfida all’eterno di Enrico V ad Azincourt
“…noi felici pochi, noi manipolo di fratelli…i gentiluomini a letto in Patria si sentiranno maledetti per non essersi trovati oggi qui…”)
E assieme, l’uno e l’altra, segnati dalla dialettica tra speranza di rinnovamento dell’uomo e desiderio di rinnovamento sociale (gli audaci, cantati da entrambi, hanno facoltà di nascere negli abissi della società) indicano, ciascuno per suo verso, la strada da percorrere. Che è meta-terrena, ma attinge all’Amore come primum movens del divenire cosmico (amore tra fratelli, tra amici, amore gentile per la donna desiderata, amore della condizione umana, amore dell’uomo lavoratore, dell'uomo che soffre e spera, amore del lavoro).
Se gli esseri umani fossero capaci di volgere gli occhi al Cielo e la mente all’inesprimibile, potrebbero prendere consapevolezza del destino comune, veicolando, pensiero ed azione, verso mete attingibili.
Shakespeare ci racconta quanto troppo spesso l’uomo si fermi davanti alle sfide apparentemente insuperabili. Troppo spesso crede che la sua dimensione debba essere, invece, l’accettazione passiva del suo destino che, pur mortificandolo, almeno gli consente di vivere raccattando, qua e là, qualche briciola di soddisfazione. Ma accade che, quando altro non v’è da fare che affrontare le prove più crudeli, è allora che ricorda esista un’altra dimensione, che lo rende consapevole di poter agire con dignità, ne esalta le qualità e la virtù.. La chiave di volta del riscatto sociale e umano è l’esercitare la ragione, come ripetutamente insegna Simone, la consapevolezza, che nasce nel sé profondo, del proprio destino, della meta da raggiungere.
E Simone, invitandoci ad essere consapevoli del “viaggio”, verso qual porto o verso quale tempesta ci possa condurre il destino, esalta l’attività del pensiero cosciente, quel misterioso tassello che si incunea tra istinto e azione, e che rende l’uomo soggettivamente libero, al di là d’ogni rapporto sociale.
MAURIZIO CASTAGNA
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