Nessuna Carta dei Cittadini ha mai garantito, per il solo fatto di esser stata ratificata e
promulgata, libertà, benessere e indipendenza o, almeno, autodeterminazione, ai popoli cui si rivolgeva
Bastasse!
Non solo lo Statuto siciliano. Pensiamo invece alla Carta del Carnaro.
Anticipatrice di conquiste libertarie in una Fiume occupata non tanto per ragioni nazionaliste, ma per garantire una immaginifica spinta alle passioni umane più nobili, ma anche a quelle comunque degne di rispetto: le più dignitose, come le meno “presentabili” in senso borghese. Quell’ epopea, confusa per azione prefascista e che con il fascismo e il fascismo regime poco o nulla ebbe a che spartire, tranne per il contributo che dette indirettamente e innegabilmente alla sua estetica - c’erano si avanguardisti e sansepolcristi ma anche i primi nuclei di arditi del Popolo, quelli di Di Vittorio, il futuro capo della CGIL repubblicana, nati come costola anarchica del reducismo, in sintonia con l’anarchismo socialista e ribelle della comunità fiumana- riuscì a rendere Fiume avanguardia delle più ardite concezioni del vivere comunitario. Dal voto alle donne, all’eguaglianza degli stipendi per la stessa funzione di lavoro. Alle unioni civili, al riconoscimento dell’omosessualità maschile e femminile. Al lavoro come “unico mezzo di scambio”, la democrazia diretta, il reddito minimo, il divorzio!
Futuristi, dadaisti e cubisti trovarono terreno fertile nella loro ribellione all’arte reazionaria e borghese. Anche l’Irlanda, sollevatasi contro il giogo coloniale della Gran Bretagna, si rivolse a Fiume, per chiedere armi e riconoscimento politico- fu creato, alla bisogna, un Ministero, l’Ufficio “Colpi di Mano” per supportare veloci scorribande negli arsenali militari per procacciare armi per Fiume stessa e per i fratelli Gaelici. Eppure, anche la libertaria Fiume cadde, schiacciata, ad onta della Sua Carta, dalle forze “democratiche” di Giolitti e del re sabaudo, con Mussolini condiscendente.
E lo Statuto Siciliano?
Magnifica carta dei diritti di cittadini che vivono e lavorano su una terra condivisa. Che progettano un futuro per i propri figli. Che accolgono con parità di diritti e doveri chiunque sia disposto a condividere il sogno di una comunità niente affatto gelosa della sua cultura ma decisa a difendere, in nome del bene comune, le proprie ricchezze. Non sto a ripetere qui le illuminanti indicazioni dello Statuto. Voglio solo scrivere quanto sarebbe, oggi, pernicioso puntare a una ribellione forte allo Stato Centrale. Non abbiamo uomini e mezzi, solo una Carta dei Cittadini rispettosa delle loro libertà civili. Non abbiamo soldi, moltitudini di patrioti, media. Nulla. Allora il percorso, faticoso, deve farsi costante, incessante, strenuo. Appoggiare le singole volontà, finché prevalga la comune volontà. Individuare nell’arma del nemico la sua debolezza.
E come non cominciare appunto dalla moneta, facendone circolare una complementare. Con il pretendere autonomia fiscale, come da dettato statutario. Con il reclamare il diritto della Sicilia ad essere riconosciuta come Zona Economica Speciale, i trattati capestro di Bruxelles permettendo. Con l’indicare soluzioni di politica “estera” adeguate al nostro essere, da sempre, al Centro di una via di scambi e di progetti politici, come ancora oggi risulta essere il Mediterraneo. Soprattutto lontani da ogni afflato ideologico. Le ideologie, magnifiche sintesi di pensiero, elaborate in situazioni lontane nel tempo e perequate ad altri sistemi e ragioni, oggi, nel contesto di una autonomia amministrativa totale, potrebbero inficiare la nobiltà del percorso intrapreso. Dividere, non unire. Suggerire la creazione di diverse soluzioni politiche che, ora, non farebbero che diminuire il numero dei consensi. Che, tutti e da parte di tutti, devono essere veicolati al bene collettivo. Alla difesa del lavoro, delle persone con disagio sociale, degli ultimi, ma anche alla promozione del lavoro di impresa, dello studio, delle idee vincenti di un popolo che ha contribuito alla crescita di altri popoli, altre Istituzioni politiche, altri assetti geo economici. Sempre in nome dell’emigrazione, imposta da un Potere che aveva, ed ha sede altrove. In questo, la Sicilia e il lembo meridionale della penisola, subendo una colonizzazione forzata ed una inusitata, violenta lettura imperiale dei fatti accaduti da parte degli storici e dei commentatori politici, tradotta in norme e azioni economiche liberticide, marcano una comune disperazione e sudditanza.
Oggi, dall’emigrazione, vera e propria malattia sociale, non si guarisce. Almeno, non si guarisce, continuando ad accettare, senza un minimo di consapevolezza dell’essere comunità, le indicazioni degli interessi alieni e apolidi che, con la nostra terra, nulla hanno a che vedere.
Perciò non basta lo Statuto. Non è bastato. Non basterà. Rimbocchiamoci le maniche e ricominciamo a lottare. Nel nome dei Padri e delle nostre Madri. Noi “meridionali del mondo”, noi “sud politico del mondo” noi “colonia del mondo” abbiamo una Storia da riscrivere. Dobbiamo guarire dall’emigrazione, dei corpi, delle menti, del cuore. Costantemente, onorevolmente, coraggiosamente.
Maurizio Castagna
Ogni volta che leggo un tuo articolo imparo qualcosa di nuovo, grazie!