Premessa.
Questo articolo non si addentra nella polemica tra vaccini pro o contro o pro ma con distinguo.
Di Burioni medico ci interessa poco o nulla. Del resto il dibattito è acceso tra il “professore ordinario”, come ama lo si indichi, e i suoi colleghi che non ne contestano le premesse ma che invitano ad approfondire le procedure.
Invece ci interessa il burionismo. Che, in sintesi, è l’attacco proditorio a chiunque non la pensi in modo simile, ovviamente pendendo dalle sue labbra, non perché portatore di opinioni diverse o palesemente errate, ma perché “inferiore”, per cultura e per rango.
Fino a pochi giorni fa avremmo pensato che Burioni si riferisse, nelle sue sconcertanti invettive, solo a coloro che giudica “indegni” di parlare (si badi, solo parlare, chiedere, non discutere) con Sua Altezzosità, ma dopo l’attacco violento e misero verso un filosofo della scienza che gli indicava una strada meno volgare, più discorsiva per enunciare le sue verità (e senza entrare nel merito) una luce è apparsa alla fine del tunnel (della nostra mediocre intelligenza, ovviamente)
Burioni ha semplicemente smorzato ogni polemica, senza rispondere nel merito, additando l’interlocutore come fallito. Come una gogna medievale. “Un professore a contratto che dice a un professore ordinario ‘vada a studiare ne ha bisogno’ è qualcosa che accade solo su Twitter, e solo in casi particolarissimi”. E ancora: “…ai miei occhi rimangono delle frasi vacue che non esprimono altro che la sua frustrazione e che starebbero bene in un bar di periferia e non nelle aule universitarie che ancora lei è costretto – forse per questa sua ingiustificata protervia – a frequentare in maniera precaria” E infine : “da contrattista, mi sta facendo una lezione gratuita su come riuscire dove lei continua a fallire”.
Senza riconoscere quindi al contraddittore l’eminenza nella particolare forma di scienza di cui risulta professore, l’Epistemologia, ha spostato il piano del dibattito (?) dalla competenza professionale allo status sociale (e non poteva far altro, visto che il prof-sfigato-Regazzoni, nel suo campo, pare piuttosto ferrato e certificato con Laurea).
Perché dunque temo il burionismo? Perché le competenze professionali hanno bisogno di relazioni politiche. Tanto è vero che il giovane candidato alla segreteria PD, Dario Corallo, ha sottolineato con parole dirette, senza inutili perifrasi, che il comportamento del professore è quanto di più lontano possa esserci per un sano contraddittorio pubblico. “Bulleggiare non porta da nessuna parte”- ha ricordato, paragonando lo sprezzo delle ragioni altrui, spesso e volentieri attuato dal suo schieramento politico, alle offese graffianti del professore, per carità dei termini, “ordinario”. Contraddittorio politico nell’accezione migliore del termine. Laddove rende tutti eguali ed egualmente capaci di intendere e di volere, sebbene non nelle competenze. La base del confronto “libero”. Burioni al giovane Corallo ha replicato in maniera meno piccata, essendo stato, lo schieramento di riferimento del vecchio governo, il “gradino” che gli ha permesso di assurgere ad una dimensione neo-oracolare.
Il burionismo in effetti è lo scoperchiamento delle mire della società liberista. Già Monti ed altri epigoni del globalismo finanziario avevano, prima timidamente, poi con piccata saccenza, indicato nella futura società tecnocratica (laddove il termine indica un governo “millenario” di saggi) la salvezza dell’Umanità (di quale parte? avremmo voluto chiedere)
Poi gli attacchi agli eletti del popolo (uh, che brutta parola) dell’attuale governo, gente senza laurea e dai “pensieri animaleschi” (chi lo decide, il popolo che ha votato o la casta?). E, si badi, l’estensore di questa nota non appoggia questo governo.
Insomma per noi che facciamo ricerca storica, giornalismo di inchiesta, che studiamo le dinamiche perverse dei servizi deviati e delle inconfessabili connivenze di malfattori al potere e colletti bianchi con spie straniere e connazionali mafiosi, dovremmo cominciare a temere ritorsioni. Per fortuna gli storici, per adesso, non indulgono alla presunzione di casta o personale, come fa Burioni. Che poi, in effetti, è la testa di ponte lanciata dal Sistema contro le libere elezioni e le indicazioni politiche del popolo. Che lui se ne sia reso conto o meno.
Il voto che per alcuni potrebbe valere ben più di uno e ad altri potrebbe essere negato, prefigura una nera società futura, orwelliana ma anche peggiore.
D’accordo che ogni accorto uomo pubblico debba cercare conforto nei saggi e negli esperti, d’accordo che i mal di pancia della gente molte volte sono frutto di ingenue prese di posizione, di rigurgiti, talvolta, di intolleranza. Ma finora nessuna forma di governo, se non quella che utilizza il voto e il voto referendario, i dibattiti pubblici, le assise politiche, pare possa essere migliore di quella che abbiamo.
Il burionismo attacca le fondamenta del rispetto che si deve all’interlocutore. Quando, ovviamente, l’interlocutore, non per cultura e per status, ma per leale contrapposizione, lo meriti. Il dibattito franco, apertis verbis, senza ingiurie, poggiato su certezze culturali, ma anche esperienze empiriche, deve poter essere il viatico per una visione del mondo meno feroce. Quella che, al contrario, con il mainstream mediatico, impone il regime liberista occidentale. Che, di Burioni e del burionismo si serve, come quando indica malfattori e giusti a proprio uso e consumo, negando il dibattito franco, ingiuriando con accuse di complottismo, di poca avvedutezza, persino di razzismo, l’interlocutore pubblico e privato. Noi, che indichiamo nella rivisitazione di alcuni passaggi della Storia, un processo virtuoso, dobbiamo francamente temere gli uomini come il “professore ordinario” Burioni.
Ed ecco perché disprezziamo il “burionismo”, perché in futuro nessuno debba vergognarsi della propria cultura, della propria intelligenza e soprattutto del proprio status civile e sociale. E possa proporre, indicare, chiedere. In una società che, pur dando spazio allo studio e alla ricerca, sia rispettosa di ogni essere umano e consenta il franco dibattito a tutti, nessuno escluso.
MAURIZIO CASTAGNA
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