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Pensiero conforme e pensiero critico, la grande impostura, dal Leviatano al Globalismo Liberista


In principio, prima che Galileo ne formulasse i principi, prima che il concetto di Scienza venisse proposto come “certezza ed evidenza” da Cartesio, prima che i legislatori precisassero che la conoscenza scientifica non dovesse “avere signoria” nel “governo politico” degli stati sovrani, le

poleis, le nazioni, gli imperi, le Istituzioni del mondo antico avevano come presupposto l’alleanza tra Princeps e Popolo. E, nonostante la metafisica e i miti arcaici, e più tardi i sacerdoti delle religioni poli e monoteiste avessero comunque larga parte nel determinare atti e fatti della cosa

pubblica, nessun capo politico aveva mai rinunciato alla gestione laica delle Istituzioni. Pur giustificando atti e fatti meramente politici, e nel senso proprio del termine, con alibi metafisici

Prima che il termine contrattualismo sancisse filosoficamente il rapporto tra organismo sociale e autorità pubblica, l’alleanza tra il popolo e il suo Signore terreno aveva più giustificazioni di esistere di quanto non lo fossero i presupposti mitici del rapporto tra gli uomini e i propri dei.

L’uomo di governo aveva ben chiaro che nessun dogma potesse avere valore, in assenza della necessità politica e dell’esperienza umana, nel contrastare le spinte distruttive interne e i nemici esterni che concorrevano alla disgregazione del proprio Potere sovrano. La politica era intesa,

aristotelicamente, come “l’insieme dei mezzi che permettono di ottenere gli effetti voluti”, tesi al buon governo della Nazione.


Questa idea è rimasta valida fino alla definizione del Leviatano, fino alla costituzione degli stati moderni che si usa identificare come “ottocenteschi”, specialmente in Occidente, fino alla creazione liberista del Sistema Globale. Proprio come hanno insegnato i filosofi, i politologi, i

sociologi britannici e statunitensi dal secolo diciassettesimo al ventunesimo, quindi i rappresentanti dei più grandi imperi, pervasivi e distruttivi, dal 1600 ad oggi. Dimostrando che il Popolo avesse vantaggio a conformare il comportamento sociale alle indicazioni e agli obblighi formulati e normati dal decisore pubblico. Per inevitabile convenienza, essendo il singolo essere umano isolato e mortificato nella sua finitezza e perché il legame con la Comunità sembra più simile a un cappio che ad un’ancora di salvezza.


Oggi, invece, lievita, tentacolarmente, una Tecnocrazia imperialista globale che, per imporre il proprio dominio, culturale, giuridico, economico-finanziario, paradossalmente sembra essere in grado di non aver nemmeno più bisogno dell’Auctoritas che procede dalla Sovranità istituzionale, utilizzando, come strumenti egemonici, gli “eserciti di pace con dovere di proteggere”, la “comunicazione asimmetrica, la neo storia, la neo cronaca e il pensiero conforme”, la “Scienza come dogma”. Lo Stato di diritto, così come finora è stato istituzionalizzato dalle democrazie occidentali, nella gestione degli equilibri del mercato e della contrapposizione degli interessi, viene travolto dalle decisioni di imperio, senza presupposti costituzionali, dettate dalle grandi corporation mondialiste, attraverso i ventriloqui presenti nei vari parlamenti nazionale

e sovranazionali

Precipitando l’Umanità, nel dettato dei nuovi dogmi, in un primitivismo religioso che, al pensiero critico e non-conforme, come lo abbiamo conosciuto negli ultimi 30 secoli, ha sostituito l’assioma, il mito, addirittura il rito apotropaico dell’insulto e della cancellazione del libero

pensiero, il nemico per eccellenza (“Cancel Culture” come identificano questo processo gli anglosassoni) per affermare un dominio indubitabile ed inoppugnabile, in base a principi e verità incontestabili ed inconfutabili.


La Tecnocrazia, per diventare strumento di potere politico, ha oggi bisogno di non avere contraddittori. La Tecnocrazia come epistème, come falsificazione dei termini, come abuso semantico, come formidabile creatrice di assiomi e razionalizzazioni per giustificare la conquista del Potere. Frenando, al contempo, la crescita intellettuale degli oppressi

Chiunque osi opporsi, con più o meno fondate riflessioni, viene cancellato, persino in dispregio delle ragioni costituzionali, diventa un’ombra nella Società, viene depennato dal dibattito pubblico e additato come individuo irragionevole, disprezzato come Persona. Nemmeno quando le tirannidi bruciavano libri ed oppositori, il pensiero critico ebbe tanti nemici e nemici così potenti

La Tecnocrazia è Scienza, assieme Scienza della Finanza, Scienza Politica, Scienza Clinica, Scienza Giuridica ma, a differenza di come ne avevamo appreso il concetto, non è più un divenire di ricerche, studi, confronti, dibattiti, revisioni, contestazioni, ma assurge a Dogma del Potere Assoluto

La Tecnocrazia liberista è un orrore metafisico e metagiuridico, è religione ed è prassi, fondate entrambe sulla negazione del libero dibattito, del confronto critico, della possibilità di confutazione dei dati e delle premesse, e da Scienza, nata in nome della ragione, per eterogenesi dei fini, per una orrenda metamorfosi, diventa Metafisica, una moderna rappresentazione dell’Inquisizione.


Il Nemico assoluto della Tecnocrazia liberista è la Comunità, il concetto di Comunità, che ha radici nella Memoria di ogni singolo individuo che ne faccia parte e fondamento nel Territorio che lo ha accolto o lo ha visto nascere. La Comunità offre, ai cittadini che la costituiscono, il libero

arbitrio nelle fondamentali scelte politiche, il costruttivo confronto, l’etica della partecipazione solidale, il recupero dei legami sociali, la possibilità di dissentire.


Le strutture di dominio globale che costituiscono le fondamenta dell’attuale Tecnocrazia imperialista e liberista sono le Organizzazioni sovranazionali, come l’ONU, la NATO, la FAO, il WTO, la stessa UE, la BM, il FMI, idrovore di risorse che dovrebbero essere destinate a coloro

che, nel mondo, sono rimasti indietro nella scala sociale, e a quei paesi che, anche in ragione di colonialismi vecchi e nuovi, sono alla ricerca di nuovi orizzonti. Sono le grandi concentrazioni monopolistiche, del tipo Big-Tech e Big-Pharma, i grandi fondi speculativi di investimento e le

banche d’affari, insomma Amazon, Google, Facebook, Ali Baba, Black Rock, Elliot Management, Man Group, Pfizer, Roche Holding, Novartis, JP Morgan Chase, Goldman Sachs. E, mentre i pacchetti azionari passano da gruppo a gruppo, la narrazione “embedded” confonde le idee a chi

voglia indagare sulle proprietà, sugli investimenti, sulle speculazioni, sulle pericolose relazioni con la criminalità organizzata. Mentre la Grande Finanza di Wall Street e della City la fa da padrona, distribuendo titoli persino nelle mani di compiacenti decisori pubblici. Infatti, molte volte, il management politico ammnistrativo ha legami ben più che virtuali con questi colossi.


Da qui a parlare di complotto ce ne corre, anzi il presupporlo degrada le ragioni più solide di chi non accetta l’evidenza delle connivenze. Sulle quali, talvolta e in alcuni ambiti, bisogna che si indaghi. Legami che si intravedono in dissolvenza, in un coacervo di interessi capace di tramutare l’erba secca in arbusto che, ardendo, crepita beffardo, scaldando gli oppressori e lasciando fuori al gelo gli oppressi. E’ certamente vero che i comuni interessi tra decisori della cosa pubblica - oramai abituati a delegare ogni importante opzione di gestione della sfera politica ai Tecnocrati, a qualsiasi branca del sapere appartengano - amministratori dei gruppi di potere finanziario-speculativo e alte sfere militari debbano essere controllati, come in ogni democrazia che si rispetti, dal Popolo e dai rappresentanti che il Popolo elegge. Definire il Popolo, concettualmente, come “minus habens”, senza diritto di parola e di confronto, elevando a

parodia gli stanchi dibattiti parlamentari in ogni assise pubblica, è un vergognoso insulto all’intelligenza e all’etica di pensiero, all’agire politico e all’agire morale

Che si consideri come un plebeo mentale il cittadino comune è evidente. Non avrebbero potuto sventolare contratti di procedure negoziate, come gli italiani con i Benetton e l’ineffabile Ursula Von Der Layen con le Big Pharma, pieni di omissis, parti secretate, cancellazioni e rimandi, se non si tenessero in assai poco conto sia le reazioni del popolo che la capacità di comprensione delle masse.


Aveva ragione la Weil, nessun partito o gruppo egemonico è capace di esprimere verità o giudizi coerenti, occupati come sono nella conquista e nella conservazione del Potere. Si sono costituiti come tante chiese permeate di spirito totalitario, interessati solo alla crescita del proprio dominio e quindi alla propaganda. La Verità va ricercata nella prassi del lavoro e nello Studio, nel confronto dialettico. La giovane filosofa francese chiosava contro i decisori pubblici con una stupenda riflessione, che pare scritta per gli avvenimenti che viviamo: “il pensiero sia egualmente accogliente ed egualmente riservato a tutte le idee, come l’acqua non pesa i corpi che vi si immergono perché essi vi si pesano da soli. Tale è il grado di probità intellettuale”. Vi pare che sia quello che leggiamo ed ascoltiamo in quegli immondezzai del pensiero che sono diventati i social, i giornali e le televisioni d’oggi?


E’ talmente sottile, la vigliaccheria dei rappresentanti a vario titolo del Potere, che riesce a confondere ed illudere gli ignavi e gli inconsapevoli, con una gestione del dibattito pubblico a senso unico, con quella opzione da Torquemada che è l’imbroglio semantico in nome dell’enfatizzazione dei propri obiettivi, mascherati da etica del pensiero e proposti come benefici per il bene pubblico. Ma, essendo la Tecnocrazia, il baluardo degli interessi dei pochi rispetto alle moltitudini, si fa fatica a credere che agisca misericordiosamente in funzione della salvezza dei corpi e delle anime degli oppressi, rinunciando alle posizioni egemoniche e ai colossali profitti

ottenuti in grazia del millantato credito. La corruzione del popolo, è l’atto finale e supremo, come ricorda Polibio “…desiderosi dunque di preminenza…quando sono riusciti, con la loro stolta avidità di potere, a rendere il popolo corrotto e avido di doni, la democrazia viene abolita e si

trasforma in violenta demagogia”.


Anzi, l’atto finale, inteso come dannazione delle capacità peculiari dell’individuo pensante e agente è il confinamento delle persone attive e propositive, è la reclusione degli onesti.


E perlomeno dovrebbe essere concesso a tutti di esprimere le proprie opinioni, in special modo quando comunicate con logica e rispetto delle idee altrui. Invece siamo precipitati nelle celle di una Inquisizione talmente peggiore rispetto a quella storica che, paradossalmente, ne moriamo dentro di inedia e di accidia, senza nemmeno il conforto della tortura e del rogo. Che, vivaddio, permettevano al torturato di gridare in faccia agli oppressori il proprio disprezzo. Oggi, non solo gridare il proprio disprezzo, ma addirittura timidamente chiedere, è vietato dai media pubblici e privati, come se all’uomo comune non dovesse essere concesso altro che

sopravvivenza tra giochi e balocchi, serial televisivi e supermercati e altre bagattelle da corruzione delle anime


“Umanità va cercando, ch'è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta”, ecco, parafrasando il Poeta che viveva nella temperie di secoli disperati e tragici, ma pur sempre capaci di esaltare il pensiero libero, di concedere dignità al ribelle, di misurare il potere del tiranno con le armi della legge e del volere dei popoli, posso chiudere questa mia riflessione. Sono certo che sia propria di chiunque abbia caro il confronto dialettico nei vari campi del sapere e che pretenda che il potere si esprima come insegnò Cristo : “il tuo parlare sia: si il si, no il no, il di più viene dal maligno” perché il confondere le menti imponendo il pensiero unico resta un autentico abominio.


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