Lo sport agonistico, le vittorie che attestano la grandeur del paese, incuranti, tutti, del disastro che incombe.
Certo, tra ignavia dei governanti, vecchi e prossimi, venti di guerra, gestione delle sanzioni che, per eterogenesi dei fini, hanno colpito solo l'economia europea, scriteriate intemerate di un presidente rimbambito a stelle e strisce (e, vi assicuro, rimbambito è il termine più dolce che ho trovato, forse il meno espressivo) scrivere di un giovin (una volta) signore, nato "molto bene", figlio di famiglia, come si diceva un tempo e beato lui, può sembrare pleonastico.
Forse lo è.
Ma allo sport lo devo.
Non che non sia oramai lontano dalle esaltazioni delle medaglie e dei primi posti, delle vittorie e dei cosiddetti "sacrifici degli atleti", ma ci vivo, nel campo dell'attività motoria (che, vivaddio è ben altro che esasperata tenzone volta al record e al successo) e dunque mi concedo digressioni nel futile (futile, rispetto alla carneficina incombente).
Malagò ha voluto imporre alle società sportive, alle associazioni affiliate al CONI, un lavoro supplementare e solo per capriccio.
Il registro delle associazioni sportive presso il Dipartimento dello Sport, dal suddetto, fortunato e chiacchierato figlio di buona famiglia, dottor Giovanni Malagò, è visto (vissuto) come un onta personale.
In effetti, è da quando fu istituito il nuovo ente, Sport e Salute, meno attento ai successi degli atleti di vertice, e proiettato sulle attività motorie per tutti, dalla prima infanzia alla vecchiaia, dai ragazzi in crescita fisica e psicologica ai disabili e alle pluridisabilità (altro che paralimpismo che interessa soltanto il 3% di tale popolazione) che Malagò fa le bizze.
Da quando gli fu sottratta la società di servizio del Coni.
Ora, io sono di parte, lontano mille miglia e di più dai fautori politici di quelle decisioni, ma con quelle decisioni, per probità intellettuale, sostanzialmente d'accordo.
E' l'attività motoria, per tutti e per i meno fortunati, che va garantita, non la vittoria ad un Campionato del Mondo di calcio o le medaglie olimpiche nel nuoto o nell'atletica leggera.
Queste ultime debbono essere, della prima meritoria attività, un riflesso soltanto fortunato.
Io, è vero, ho una certa idiosincrasia per i vertici, sociali, politici e sportivi, per me la competizione verso (contro?) gli altri nello sport come nella vita, è qualcosa che intimamente e razionalmente rifiuto.
La solidarietà tra eguali (sia pure con diverse funzioni nella società), quella nelle Comunità mi affascina ben più di un posto di potere o di una vittoria.
Diciamo che mi sono emendato nel tempo.
Ma un fanciullino (ad onta dell'età) irato e capriccioso, adesso si oppone al nuovo che fortunatamente avanza (non mi riferisco al nuovo governo, ma alle nuove idee sociali) battendo i piedi per terra, come il bimbo che dice alla mamma "il mio amico ha la macchinina, la voglio pure io" (il riferimento alle macchinine, e che macchinine! è puramente voluto).
Quindi lavoro supplementare per una pletora di dirigenti per fare una doppia iscrizione in due registri diversi ma con le stesse finalità (tra i quali il sottoscritto) che dovranno adeguarsi non solo alla normativa vigente, ma ai capricci di un alto dirigente dello Stato, anzi del parastato. Capricci, proprio così.
Ai posteri l'ardua sentenza, ma io parteggio sempre per la rivoluzione armata, cari amici
Maurizio Castagna
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