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Tutto troppo simile...i nuovi schiavi

Aggiornamento: 27 giu 2020

I carichi umani vagavano per il Mediterraneo senza che nessuno si opponesse alla loro tratta.



Le navi sbarcavano ciurme di disperati, uomini e donne che ignoravano tutto del loro prossimo destino. La speranza evaporava man mano che le condizioni del mare, ma più ancora della politica, degli accordi diplomatici, dei richiami dei capi religiosi arrivavano a prospettare soluzioni improbabili, condite da un misto di fariseismo, di vanagloria, di demagogia, di attese messianiche, di desideri di favolosi guadagni; dell’aspettativa, dei Capi di Stato e dei Re, di ottenere il primato tra le nazioni. Tutta la costa, da Algeri a Tunisi a Orano a Tripoli pullulava di disperati senza alcuna condizione civile che garantisse loro rispetto. Al largo, le compagnie della misericordia trattavano con i corsari, divenendo veri e propri intermediari del loro crimine. Sulle coste, ma anche nell'entroterra di formidabili Nazioni europee, si temeva per l’arrivo sia dei “terrorizzanti” guerrieri che degli schiavi. Nei campi e nelle officine si attendevano braccia forti a buon mercato e donne disponibili per immondi traffici. Una schiavitù pudicamente nascosta, chiamata speranza, come fosse l’unica possibilità di scampare a un destino terribile. Molte volte, gli stessi intermediari, traevano dal traffico di schiavi spregevoli guadagni, nascondendosi dietro le sigle più strane, battendo bandiere di comodo come nel settecento William Wilberforce aveva indicato fossero quelle “false flag”, utili a celare il mercimonio sugli uomini e le donne da parte di “nobilissime” e “civili” nazioni negriere.

I disgraziati finiti nella mani degli schiavisti finivano nei bagni di pena, orrendi lager dove erano ammassati in promiscuità uomini e donne. Prima della partenza e all'arrivo nelle terre dei loro sogni immaginari. E, quand'anche fossero stati liberati o riscattati - come forse facevano soltanto alcuni tra i comandanti delle navi della misericordia che attendevano a largo, trattando la loro sorte con le bande corsare- la loro esistenza si sarebbe confusa con quella di un’altra umanità dolente, senza futuro e lavoro dignitosamente pagato, che viveva già “oltremare”. In ogni territorio dove giungessero o si trovassero.

Cosa vi pare abbia scritto?

Della tratta degli esseri umani sui barconi che partono dalla Libia, oggi giorno?

No, probabilmente ho ricordato quello che, da sempre, resta il sogno di ogni impero coloniale, di ogni statista che mira alla predazione di terre e lavoro, di ogni padrone delle ferriere o CEO di multinazionale, di ogni gestore di fondi speculativi di investimento : la fatica del salariato mal pagato e sfruttato, il furto delle ricchezze altrui, attraverso le armi o la finanza di rapina, quella che con gli investimenti oculati e sul lavoro reale, fa a cazzotti ogni giorno ed arma gli eserciti. Che si parli della tratta delle anime cristiane ad opera dei Bey e dei Ras islamici degli stati barbareschi del XIV e XV secolo, il mio incipit, che invece si faccia cenno alle navi negriere del settecento e dell’ottocento e all'opera meritoria di Wilberforce, o all'attuale disperazione di uomini e donne in cerca di futuro nel Mediterraneo di oggi.

Tutto sempre simile. Cambia poco. Che i negrieri fossero allora i musulmani- ma anche i giaurri, i credenti nella Chiesa di Roma, non scherzavano nel “mettere al remo” o trattare da schiavi gli infedeli, i galeotti, i disgraziati senza arte né parte; o che invece, oggi, siano gli occidentali, dopo aver devastato la Libia, per miserabili interessi di un paio di Nazioni del primo mondo, a fomentarne l’orrore, per facilitare la penetrazione dei nuovi imperialisti in un Continente africano desolatamente spopolato dalle persone più intraprendenti. Lasciando mano libera ad anglosassoni, francesi, cinesi, sauditi e alleati di comodo o d’occasione. E, come allora, pur fatto salvo l’impegno civile di pochi, le navi pattuglianti al largo delle coste del Nord Africa celano gli interessi e i traffici degli armatori, e degli imprenditori criminali che, nascosti dietro l’entusiasmo di qualche giovane illuso e pieno di fede nelle virtù dell’uomo, sotto le mentite spoglie di ONG, fanno da sponda ad un traffico, in effetti, ancora oggi, negriero. Tra la misericordia sincera di qualcuno fa capolino, oggi come allora, l’immondo interesse di chi, sotto mentite spoglie, divide il bottino con gli scafisti-schiavisti.

Niente è come sembra. Nessun uomo è innocente. Nulla è bianco o nero, le sfumature rendono l’Umanità un’accolita di improbabili santi e plausibili carogne.

Oggi come allora, se si giudica con metro neo giacobino o con reazioni di pancia, si rischia di commettere un imperdonabile errore. Che, se pare non possa incidere più di tanto nella nostra comoda vita di uomini dell’Occidente (ancora per poco) ricco, lacera come la lama di un coltello le carni dei disperati. In Africa, nel Mare Mediterraneo e a casa nostra. Ciò dovrebbe far riflettere, prima di emettere, da una parte e dall'altra, giudizi trancianti.

Basterebbe, in fondo, studiare un po' di storia e smetterla di presumere di aver per forza ragione.

MAURIZIO CASTAGNA

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