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"Se fosse solo cosa di mafia..."

Aggiornamento: 28 giu 2020

E certo! Fosse solo cosa di mafia, qualsiasi cosa, se fosse solo cosa di mafia, da trattare con procedure

mafiose, perché insistere a trovare colpevoli altrove?

Prima durante e dopo l'uscita del mio libro, svariati autori hanno provato ad accreditare Portella, e ciò che accadde dopo Portella e proprio per la loro "logica interpretativa", come una faccenda di chiusura di conti in perfetto stile mafioso. Se Portella fu cosa di mafia, accreditata come tale addirittura da uomini dell'onorata società, perché affannarsi a cercare altre interpretazioni di fantasia? Perché rimestare nel torbido? Perché fare dietrologia? Gli americani, gli uomini del nuovo governo repubblicano, ma quando mai?! Mi pare di vederli, i siciliani accoccolati nell'immutabile interpretazione delle cose, del tempo, dei fatti accaduti. Vederli e sentirli. È cosa di mafia, resa dei conti tra famiglie dell'onorata società, ma quali americani, quali democristiani, quali indipendentisti, quali comunisti? Cosa di mafia. Giuliano era uomo delle cosche, si fecero la guerra tra di loro e, meschineddi, ci finirono in mezzo quattro poveri cristi. Badate bene, so che Giuliano divenne un criminale. Ma non un criminale mafioso, come si intendono tali i picciotti dell'East Side e di Brooklyn, di Boston e Las Vegas. So che il fenomeno indipendentista volgeva al tramonto in quella primavera del '47. Ma so che i fenomeni vanno interpretati e vissuti dalla parte dell'osservatore, come una nuova scienza oggi si affanna ad insegnarci. Da quelle prospettive e suggestioni che nascono nell'animo di chi si muove tra quei fatti. E, allora, nella mente degli statunitensi e del nuovo notabilato politico post fascista. E so che, l'ho letto, studiato, ascoltato e compreso, la mafia dei borghi e dei paesi, quella rurale, non aveva nulla a che fare con la mafia del sistema liberista. E so che gli uomini delle bande, tutte, non solo quella di Giuliano, in un primo tempo, prima della ribellione allo stato, per fatti di sopruso o per violenze inaccettabili, erano tutti incensurati. Ma so anche che, dopo, alcuni intrapresero una carriera di forte caratura criminale, pur non appartenendo all'onorata società. Come questa si andava costituendo, grazie ai nuovi invasori americani, nelle terre di Sicilia. So che Giuliano era un contadino che aveva vissuto a contatto con i contadini comunisti tutta la prima parte della sua vita. Lo so, perché ho letto e compreso. Lo so, perché ce lo dicono centinaia di documenti per forza di cosa "veri" e "genuini" nel loro suggerirci soluzioni interpretative. Eppure, si vuol derubricare tutto a "cose di mafia furono". I siciliani stanchi e afflitti, quelli che hanno chinato la testa, quelli che "la mafia non esiste" dichiarano oggi, al contrario, che "fu cosa di mafia". E il loro lamento, che tanto ci infastidisce, viene raccolto e ratificato da storici e inconsapevoli cronisti. Come leggo in un articolo del "Giornale di Sicilia" del 18 aprile del 2017. I quali storici, i quali cronisti, guarda un po', quali documenti producono? Quelli dell'OSS, office of strategic services, americano, dimenticando la volgare disinformazione che da duecento e passa anni i liberisti hanno inteso propinarci come interpretazione assolutamente vera dei fatti che accadono. Una messe di documenti imbarazzanti che, ai giorni nostri, continuano a proporci a scadenza più o meno fissa. E, ancora più volgare informazione di quella, con le testimonianze de relato o dirette di mafiosi (quelli veri, quelli delle famiglie di Cosa Nostra) e che ci ripugna pure ricordare in queste pagine, le "rivelazioni" di Emanuele Brusca, Francesco Marino Mannoia, di quel Gaspare Mutolo che, con la menzogna, il dire e non dire, ha lastricato la sua strada di improbabile "pentito". E con ciò vengono cancellati completamente i sospetti sui servizi segreti americani, italiani e sugli uomini politici del secondo dopoguerra. Con un colpo di spugna avallato da voci criminali. Col surrogato di dichiarazioni non verificate di ammazzamenti di bambini innocenti. Da parte di Giuliano (oggi, la morte dei bambini fa sempre presa, con quale luciferina astuzia vengono proposte le carneficine di creaturine da parte di chi ha interesse a millantare e depistare!). Episodi di fantasia criminale, suggeriti magari anche da quei Brusca che, dell'omicidio di un bimbo innocente, si sono davvero macchiati le mani. Giuliano, dichiarano i mafiosi pentiti della colonizzazione criminale del secondo dopoguerra, e viene riportato nel testo dell'articolo, era uomo dell'onorata società e inserito nella tipologia criminale della mafia americana. Vendetta tra mafiosi fu, stile mafioso fu, ammazzamenti mafiosi furono. Serietà, signori, serietà. Dai documenti che ho scorso, dai libri letti, dalle testimonianze monteleprine, posso anche ammettere che Giuliano millantasse la sua appartenenza all'Evis ma, ripeto, è la percezione dei criminali - non i mafiosi, che ne furono solo manovalanza- che organizzarono Portella che conta. E posso accettare senza alcuna preclusione che, in contrasto con le mia tesi, altri sposino un movente diverso. Ma la verità sulla bocca di assassini "onorati" mi da un senso di ripulsa. Continuo a sperare che il mio libro possa venire contestato o accettato nelle premesse e nella lettura dei documenti e nelle interpretazioni e indicazioni che da quei documenti possano venir fuori. Un confronto tra amici sullo stesso fronte che, pur da visioni opposte, porti finalmente un barlume di verità, non tanto sul quel doloroso ma lontanissimo episodio, ma che squarci la cappa di continue menzogne che hanno portato l'informazione, oggi, nelle mani di quei poteri che con incredibile e vergognosa determinazione hanno deciso che i popoli del mondo vadano vincolati ai loro supremi interessi. Maurizio Castagna

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