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Perché la Storia non è una Cosmogonia

Gli atti rituali dei primi abitatori della terra commemoravano l’argomento mitico, e gli esseri primigeni. Attraverso la reiterazione cultuale del rito. Confermando le azioni formali prescritte dalla regina madre o dallo sciamano, e rimandate “ab illo tempore”

Vecchio libro
Un vecchio libro di storia

dalle generazioni precedenti

Erano atti appunto “cultuali”, e la perfezione dei gesti sacerdotali rinviavano ad una liturgia in grado di apportare felicità e serenità all’individuo, alla famiglia, alla tribù, al nuovo nato accolto nel gruppo.

La profonda fede nella necessità dell’atto rituale conferiva la certezza che l’essere primigenio o gli esseri primigeni (non ancora Dei nella forma e nella sostanza espresse dalle teosofie più tarde) fossero stati accontentati e blanditi.

Nulla altro era che ripetizione cultuale e formale di gestualità tramandate e, soprattutto, prima che il mito divenisse percezione di qualcosa di confuso tra la realtà e l’ineffabile, tali pratiche “mistiche”, come le definiremmo noi oggi, penetravano il microcosmo, rappresentato dall’uomo immerso nella sua fisicità, nel macrocosmo, come lo stesso uomo, per analogia, immaginava che quello dovesse essere. Gli uomini, con tali gesti rituali, erano convinti di presentire ed assimilare il mondo esterno grazie alla comprensione del mondo interno. Non attraverso una conoscenza discorsiva e concettuale, ma analogica e intuitiva. Questa sensibilità dell’uomo arcaico, la sua immersione nella natura cosmica grazie alla meditazione sul sacro, sull’oggetto sacro o sulla procedura sacra, è diversa da quella che, meditata più tardi come Storia del tempo che passa e si misura, vede l’uomo alle prese con il Logos.

Anche se, ad ogni modo, esplorando con la ragione, con la speculazione filosofica, la via che conduce a Dio, l’Uomo ha sempre cercato di rappresentare il Sacro come venerabile oggetto di fede, attraverso la liturgia.

E, la liturgia, o la meditazione, non contemplano la revisione e la discussione, né il pensiero critico e la contraddizione, portati invece della Storia come la conosciamo, da Erodoto in poi. Un insieme di fatti, accadimenti, ricordi, guerre, documenti, atti civili, storie minime di uomini e donne, che possono venir letti sia da destra che da sinistra, a voler sintetizzare con categorie di pensiero obsolete ma conosciute da tutti e quindi comprensibili

Il contraddittorio è proprio del racconto che non è più quello mitico e che non rimanda a gesti cultuali e perciò stesso acriticamente accettati. Il contraddittorio è proprio della Scienza e quindi del dibattito epistemologico e quindi del racconto storico che procede dal passato e viene raccontato nel presente a beneficio delle generazioni future

Quando si passò dall’accettazione acritica della sequenza rituale alla comprensione dei fatti che accadevano? Ci pare giusto indicarne l’apice nel gesto sacrilego di Alessandro Magno a Telmisso, in Frigia

Gordio, il mitico re frigio, aveva aggiogato il carro dei buoi al timone, nella piazza del mercato della città, e il nodo che legava le assi era divenuto, dopo i sacrifici rituali, “sacro”. Al punto che solo chi fosse riuscito a scioglierlo avrebbe potuto trovare grazia negli Dei.

Alessandro avanzò nella Storia con un gesto umanissimo e sacrilego, recidendolo con la spada. Da allora, le umane vicende sono state riportate dagli storici, con buona o cattiva disposizione a narrare come davvero si svolsero. Demagogicamente, in malafede, per interesse, siamo d’accordo, ma senza mai indulgere alla liturgia, al mito, all’accettazione acritica dell’imposizione sacerdotale

Se la Storia torna ad essere, da acquisizione culturale, una relativizzazione cultuale, per cui debba venir ricordata in un solo modo, allora s’ammanta, essa stessa, di sacro, pur venendo raccontata da uomini in mezzo agli uomini e, da alcuni uomini, venendo imposta al genere umano.

Esige diversamente la scienza in genere, la ricerca scientifica. Il “cogito ergo sum” o, meglio, il “cogito et volo ergo liber sum”, devono essere pietre angolari del rinvenimento della natura propria dell’Uomo, natura che è speculativa, non introspettiva, che procede per acquisizioni culturali, non per analogie cultuali

La scolastica aristotelico-tomistica ci deve pur aver ammonito che sull’insegnamento dei Padri è lecito porre il dubbio, quindi pare vergognoso che, oggi, taluni si approprino dell’”ipse dixit”, riferendolo ad un totem apolide che indirizza i destini del mondo in una sola direzione

Tacciando i revisionisti, i reprobi, i ribelli del pensiero difforme, ma ragionato e compreso, di populismo e di stupidità, come imbonitori di bufale, ciarlatani e nulla più.

Per fortuna abbiamo, oggi, una diversa comprensione del mondo e di quei fatti accaduti che lo hanno reso tale, e lo studio che professiamo incessante e la vitale necessità nostra di conoscenza, ci portano a rifiutare il pensiero dominante. Pensiero che ci riporta, ineluttabilmente, agli albori dell’umanità, con la sacralità del racconto che prevede, come in quei tempi mitici, sacerdoti e custodi e, purtroppo, anche ineffabili boia, nascosti in impeccabili doppio petto e carinissimi tailleurs.

MAURIZIO CASTAGNA



 

 

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