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MANIFESTO POLITICO DELLE COMUNITA’ STORICHE E DEI TERRITORI STABILI

Aggiornamento: 7 mag 2021

“La nazione è tutto ciò che è in grado di essere per il solo fatto di esistere Alla volontà nazionale basta solo la propria realtà per essere sempre legittima, essa è fonte di ogni legalità”, affermava l’abate Sieyes. Magari confondendo il termine Nazione con l’Istituzione statale, che coattivamente regola i rapporti tra i cittadini– ciò che la Nazione diventa, insomma, in base ad atti di guerra o a norme che sanciscono, di regioni e Comunità territoriali diverse, una neo-unità istituzionale chiamata Stato. La Nazione come fonte di diritto, quindi come Istituzione più che come Comunità di uomini e donne. Lo Stato nazionale prevede siano le norme, i trattati, i pronunciamenti delle corti nazionali ed internazionali a prevalere sui costumi sociali e sugli interessi minimi e speciali della Comunità. Essa, invece, in base al diritto naturale ed “in suo esse perseverare” (per continuare ad esistere), si poggia sui costumi, sull’idioma e sulle norme etiche e non scritte che la differenziano dalla compagine statale o sovranazionale. Se le Costituzioni dei vecchi Stati nazionali vengono assorbite e re-interpretate nella visione neo-liberista del mondo assoggettato ai mercati, nel quale i diritti degli ultimi vengono fagocitati dagli interessi dei pochi, le Comunità hanno il diritto di opporsi all’ingerenza di sovrastrutture che “osano” imporre il proprio dominio senza contraddittorio democratico e senza valutare le differenze di costumi, lingua e tradizioni che ne confermano la realtà immutabile nei secoli e il diritto ad autodeterminarsi.

Pertanto ogni ingerenza, in nome del “diritto di proteggere” assegnato dai mondialisti ai propri eserciti, diventa niente altro che una violenza di fatto contro gli interessi legittimi dei popoli prima militarmente invasi, e poi finanziariamente schiacciati e dominati.

“Il diritto “mite” o “liquido” si basa sempre, come ogni diritto, sulla coazione e in ciò, come insegnava Kant, consiste la sua differenza dalla morale. La prova più evidente ne sono le guerre, ribattezzate atti di polizia internazionale e che hanno poco di nuovo rispetto agli atti di intervento già conosciuti dalla Storia, come ad esempio l’intervento italiano nel regno delle Due Sicilie nel 1860” afferma Luis Maria Bandieri, professore emerito di diritto alla facoltà “Catòlica” argentina di giurisprudenza.

“La forma-Stato che incarna il diritto fino a fondersi in esso, attraverso la quale il diritto stesso si trova a realizzarsi pienamente nell'elemento comune che veicola la legge, essendo questa da un lato posta come sinonimo di tutto il diritto e dall'altro presentandosi come il prodotto della creazione statale”, come afferma Bandieri, viene oggi superata dalla imposizione apolide di un volere e di un agire che possiamo definire “metafisico”, perché dogmatico, inconfutabile ed incontestabile, basato su decisioni sottratte al libero confronto politico, imposte da agenzie sopra statali, internazionali, in nome di astratti principi morali tesi solo a nascondere maggiori turpitudini di quante non fossero state sperimentate con il sangue dei conflitti e con la corruzione degli oppressori nel ventesimo secolo. Questo diritto, incarnato nella forma Stato e certificato conforme agli interessi di agenzie sopranazionali che agiscono in nome di utilità che non riguardano i bisogni delle Comunità territoriali deve, quasi necessariamente, avere i carabinieri alla porta. “Non contribuisce”- afferma Luis Maria Bandieri- “a ciò… la diffusione”- ovviamente, legittima - “delle Corti che giudicano della costituzionalità delle leggi (cioè dell’operato legislativo dei Parlamenti e dei Governi). Accanto…c’è la diffusione delle Corti internazionali e la crescente prescrizione dell’“adeguamento” della legislazione interna a quella internazionale, anche senza il passaggio attraverso leggi di “recepimento”.

La negazione dei diritti dei popoli autoctoni è la pietra d’angolo sulla quale poggia il colonialismo. Il primo attacco alle libertà costituzionali e civili delle comunità storiche, corrispose, tra il cinquecento e i primi anni del novecento, agli interessi delle prime dominazioni globali. (In modo ancor più oppressivo di quello degli antichi imperi, che avevano bisogno di un riconoscimento divino per proclamare il diritto al genocidio altrui. Essi necessitavano, per uccidere, depredare e stuprare, che tutti si sacrificassero partecipando all’impresa, dall’Imperatore all’ultimo dei sudditi, ma soprattutto di potenti eserciti, delle grandi opere di ingegno, di norme giuridiche innovative, di antiche o di nuove ed imprevedibili alleanze ma, principalmente, avevano bisogno di credere che il proprio fosse il “popolo eletto”, unto dagli dei). Il disconoscimento delle Comunità storiche nel diciannovesimo secolo fu utile alla “precipitosa industrializzazione” che avrebbe garantito al Capitale lo sfruttamento de-regolato della manodopera e dell’ingegno dei molti al solo vantaggio delle nascenti Multinazionali e degli interessi finanziari degli speculatori, negando il “servizio alla Persona”, la “promozione dell’uguaglianza dei diritti”, la “cooperazione al bene comune” (enciclica Populorum Progressio di papa Paolo VI).

Ma si poteva parlare ancora di una sorta di supremazia della politica sulla finanza, i decisori pubblici avevano il potere di direzione politica nelle Istituzioni Statali, di operare in profondità nel sociale e nell’ interesse collettivo. Nelle colonie interne e nei confronti del proletariato delle colonie esterne, quelle sottoposte a sfruttamento intensivo, lontano dalla Madre Patria. Era il mercato che si internazionalizzava sulla scia delle ambizioni politiche e strategiche degli stati ottocenteschi.

Dopo il bagno di sangue, o forse proprio per questo, delle guerre del ventesimo secolo -la migliore gioventù d’Europa fu immolata ai maneggi degli affaristi apolidi, pronti a vendere armi e a ricostruire Nazioni con i prestiti ad usura- la Finanza e la Speculazione che ne sorregge le fondamenta ha allargato la sfera del suo dominio. Ora, agli albori del ventunesimo secolo, sono sostanzialmente spariti anche gli stati nazionali, e le loro Costituzioni, specialmente quelle ad impronta sociale, sono vilipese ed ignorate. I decisori politici non sono altro che ventriloqui corrotti al soldo di pochi migliaia di individui, questi senza bandiera, territorio e senza alcuna appartenenza emotiva ad una Comunità stabile. Gli stessi eserciti che li sostengono sono finanziati e organizzati da questa o da quella Istituzione Statale, ma privi di ogni legame, se non in senso fittizio, con la propria bandiera e il popolo che dovrebbero rappresentare e difendere. Peggio ancora le “bande” di polizia, utili a controllare gli oppressi più che a contrastare il crimine.

Nella confusione globalista, nella quale gli oppressori hanno la chiara visione di ciò che realmente accade e perciò sono in grado di governare gli avvenimenti, quando i dominati invece brancolano al buio, qualche sciovinista d’antan rivendica la sovranità della Francia, dell’Italia, della Germania, non accorgendosi che queste realtà giuridiche hanno perso valore, avendo abiurato la propria Costituzione, il “patto normativo legittimo” sottoscritto con il popolo.

In Europa, ma anche nel nostro paese, esistono Comunità stabili, con radici storiche nobili e persistenti, e che non hanno avuto nessuna possibilità di rivendicare autonomia decisionale, se non in modo fittizio, essendo regolati e diretti, i processi politici e normativi, da uomini espressione dei partiti centralisti.

In Italia qualcuno, più da destra, ma anche a sinistra rivendica “discendenze romane”. Ma è la stessa intera Europa che racconta le comuni origini, Indoeuropee, Greche, Ellenistiche, Romane, Gallo-Celtiche, Pagane, Cristiane, Rinascimentali. E proprio in nome delle Comunità dei popoli Europei è necessario che realtà millenarie divengano protagoniste della Storia. Non più come gli Stati ottocenteschi dai quali rivendicano il diritto all’autodeterminazione. Quegli Stati hanno perso ogni facoltà, avendo abiurato alle norme di giustizia sociale e di rispetto verso gli oppressi. Quegli Stati hanno agito come entità imperialiste verso i popoli colonizzati e con violenza illegittima al proprio interno nei confronti dei più deboli e dei più discriminati, hanno promosso la corruzione e le incredibili relazioni dei criminali col potere. Hanno organizzato reti segrete per agire alle spalle dell’ignaro cittadino, provocando lutti e stragi. Hanno sparso il sangue degli innocenti in guerre lussuriose. Hanno abdicato al diritto di decidere, legandosi ad interessi sovranazionali di cui beneficiano pochissimi e che causano il degrado della vita civile e sociale delle popolazioni oppresse, e del proletariato, che nell’impoverimento generale assorbe la piccola e la medio-piccola borghesia, interno ed esterno. Hanno perso ogni diritto ad esistere come Istituzione.

Le Comunità debbono agire in modo opposto. Il problema dei confini va risolto da un punto di vista giuridico, le norme e le decisioni che regolano i rapporti tra i cittadini valgono per quei territori, e culturale: essi devono poter essere confini osmotici. Debbono accogliere chiunque voglia condividere memoria storica e speranza per un futuro migliore di quella precisa Comunità, in quella Comunità: non può essere espulso, da una Comunità stabile ed autodeterminata, chiunque ne sia cittadino per nascita o per scelta, tranne che contravvenga le regole imposte da una Costituzione e da un corpo di leggi condivise e riconosciute. Soltanto così l’Europa può scrollarsi di dosso il mondialismo sopraffattore, può ritrovare, in nome di rapporti rinnovati tra le Comunità, il senso del rispetto reciproco tra i popoli.

E sarà certamente così, i popoli sotto dominazione secolare hanno pagato il disinteresse di governi centrali in modo tanto atroce (nella misura di) quanto accade sotto dominazione coloniale, e dunque sarà la Memoria storica e pubblica a garantire il rispetto e la cooperazione tra quelle Comunità che, pure territorialmente lontane, abbiano interessi convergenti.

E’ tanto più vero quanto affermo in base alla considerazione di quanto abbiano in orrore questa Europa delle Comunità e dei Territori, i guru della Speculazione Finanziaria, i centri di Governo Mondialista e i decisori pubblici corrotti, da sinistra a destra, queste espressioni politiche oramai sepolte nel delirio di lotte intestine.

Per un nuovo inizio, oggi è necessario combattere. Assieme.


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