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Le Prediche

Aggiornamento: 28 giu 2020

Oggi abbiamo assistito all’ennesimo evento sportivo nel quale era coinvolta una squadra italiana.

Statua in ricordo di Sankara
Sankara

Le parole dei cronisti hanno spaziato dal “forza Italia”, banale ma universalmente urlato,

all’ “abbiamo comunque vinto, chi se lo aspettava”, periodo che può esser letto sia come inevitabile proposizione consolatoria che come alibi universalmente noto.

Non è di sport che mi voglio occupare. O, almeno, non è lo sport oggetto di questo articolo. Ma le parole “frustrazione” “umiliazione” vergogna” “dignità” “orgoglio” che, spesso, ricorrono nel mondo degli atleti e dei loro accaniti sostenitori italioti.

Perché pare davvero strano che un popolo aduso a tenacemente parteggiare pro e contro quando si tratta di agoni sportivi, diventa immediatamente prono e amebicamente ignavo quando riceve frustate violente da chiunque, straniero o apolide, si trovi a dissertare sull’intero paese e sui comportamenti dei cittadini.

Di questi giorni le contumelie di Junker e di Moscovici. Un lussemburghese e un francese. Il rappresentante di uno dei paesi più discussi al mondo, oggetto di inchieste della magistratura di vari paesi e di investigazioni giornalistiche, per le diaboliche, intollerabili politiche fiscali e per il dannato segreto bancario che permette, persino alla mafia, oltre che agli evasori di ogni dove, riciclaggi clamorosi di denaro e protezione dal fisco. E della Francia, la Nazione che più d’ogni altra umilia e offende popoli e Nazioni nell’Africa settentrionale e centro-occidentale, con una politica degna dei peggiori imperi coloniali, con una moneta imposta, gestita finanziariamente da Parigi, utilizzata per lasciare in povertà milioni di uomini; che porta guerra e distruzione, con i compari anglosassoni, ovunque creda di poter lucrare propri interessi; che ha ideato, prima nell’orrore, gli zoo umani, nei quali, all’opulenta aristocrazia occidentale, venivano mostrati in catene, nell’ottocento, i boscimani e i fuegini della Patagonia, come i neri delle colonie sub sahariane, seguita subito dopo dalla Germania imperiale e dal Barnum statunitense (perlomeno il mentecatto Lombroso a Torino mostrava si i crani dei meridionali, ma una volta morti ammazzati). La Francia della Libertè e, soprattutto, della Egalitè, che nel 1961, il 17 ottobre, quando il FLN algerino portò a una manifestazione a Parigi 30.000 persone, che sfilarono pacificamente per le vie della capitale, protestando per le leggi che ancora limitavano la loro vita in Francia, utilizzò la Gerdarmerie con violenza omicida : circa 200 morti (per annegamento nella Senna o colpi di arma da fuoco) e più di 11.000 arresti. Una pagina nera nella Storia d'Europa, totalmente sconosciuta al di fuori dei confini transalpini ma che illustra la protervia del Sistema Francese. La Francia dell’assassinio mafioso dell’unico grande leader africano degli ultimi quarant’ anni, Thomas Sankarà. La Francia che disattende molti dei parametri dei trattati europei senza che nessuno la richiami all’ordine e che impunemente sconfina nel nostro territorio con poliziotti e gendarmi come un qualsiasi paese del terzo mondo usa fare nelle guerre perlomeno dichiarate.

E, da questi signori che dovrebbero fare prima un bell’esame di coscienza e guardare la trave del proprio vissuto prima di accennare alla pagliuzza dei nostri comportamenti, siamo diuturnamente “bacchettati”. Senza per nulla voler essere coinvolto nelle diatribe scioviniste dalle quali per scelta identitaria mi sento lontano, perlomeno mi sarei atteso un moto collettivo di orgoglio o, quantomeno, di disappunto. Da quali pulpiti, le prediche! E invece no, masse di traditori interessati e cinicamente coinvolti in interessi estranei al paese, hanno applaudito le parole dei due compari; e moltitudini di ignavi distratti hanno continuato a tifare per il paese soltanto nelle competizioni sportive (proprio così, paese, lo strapaese di Papini, Soffici e Maccari, altro che Nazione, Collettività, Comunità, parole troppo nobili per questa istituzione derelitta chiamata Repubblica Italiana).

Senza voler suonare l’unicorno di guerra, l’Olifante del guerriero Rolando, (che non era tecnicamente un francese, ma un nobile guerriero del sacro romano impero, infatti viene tramandato come Hruolandus e viene cantato da tre poeti italici, il Pulci, il Boiardo e l’Ariosto) almeno cerchiamo di reagire con sdegno alle volgari contumelie o, più precisamente, a certi avvertimenti di tipo “mafioso”.

Non è, questa, una difesa del governo attuale, poco o nulla mi interessa, e nemmeno, ripeto, una sciocca reazione nazionalista. Manco per niente. E’ soltanto la rivendicazione di un diritto, quello che ognuno di noi esercita quando crede che nessuno possa indicargli la strada da percorrere, tanto meno banditi e violenti. Da qualsiasi parte provengano. Che vestano una divisa a strisce o in doppiopetto. Il diritto di costruire la propria esistenza, di immaginare il proprio futuro, immersi in un contesto sociale che badi soprattutto agli ultimi e agli indifesi e che incentivi le risorse migliori al lavoro e allo studio.

Perlomeno per ricordare che il "De dignitate et excellentia hominis", fu scritto dal fiorentino Giannozzo Manetti su richiesta dei re aragonesi, nella città di Napoli. In questa terra di nazioni italiche, culla del diritto dei popoli.

MAURIZIO CASTAGNA

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