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La leva militare- Come i meridionali hanno sempre considerato le guerre di espansione territoriale

Aggiornamento: 28 giu 2020


Avendo presentato nel testo Montelepre Caput Mundi, anche le vicissitudini del Movimento dei

Cimitero della seconda guerra mondiale
Cimitero

"non si parte", ci pare giusto sottolineare le ragioni forti di questa dura presa di posizione dei ragazzi richiamati alle Armi, nel primissimo secondo dopoguerra.

Dipinto, il movimento, come antifascista, anticomunista, antimonarchico, antiamericano, ci pare invece poter affermare quanto invece sia legato a sentimenti legati alle peculiarità dell'anima meridionale.

Scorrendo i tempi, le dinastie, i governi che, dal 1070 in poi, diedero impronta e forma agli stati meridionali, ci pare a ragione poter dire che la guerra, in quanto idea di conquista e di colonizzazione, ripugnò per ragioni morali, diplomatiche, politiche alle popolazioni del Sud e della Sicilia. Magari non per cura del bello del buono e delle sante anime dei governanti, alcune volte pendagli da forca, altre attenti all'equilibrio delle alleanze, altre ancora perfettamente calati nel "comune sentire" delle genti governate.

Se Napoli per prima cacciò i domenicani, fautori della follia dell' Inquisizione, tra tutti i territori europei, con una rivolta popolare e Federico imperatore preferì trattare con gli infedeli piuttosto che portar loro guerra, se Ferrante, uomo certamente sanguinario oltre che buon governante, uscì solo una volta in armi contro i Medici, peraltro trattando immediatamente un armistizio, e una pace che coinvolse tutti gli stati italici, è perchè la gente del Sud e della Sicilia della guerra come conquista non ha mai voluto saperne.

E i sudditi, l'animo dei sudditi, va valutato, ascoltato, compreso.

Napoli e la Sicilia non espansero mai i loro domini e nel corso dei secoli la loro politica sia manifatturiera che diplomatica guardava più allo sviluppo interno e ai traffici mercantili che a territori da predare. L'antitesi della politica, da sempre, prima britannica, poi statunitense.

Il movimento dei "non si parte" forse nasce da questo spirito non bellicista e rispettoso della altrui libertà. La leva obbligatoria imposta dal Piemonte dopo il 1860, dalle rabbiose invasioni crispine di territori liberi con efferati eccidi delle popolazioni locali, dalla corruzione che generò la prima grande carneficina europea e dall'Italia Fascista, fu vissuta con rabbia e dolore dalle popolazioni meridionali, obbligate a versare il proprio sangue sui fronti di guerra aperti dall'Italia dopo l'Unità, senza nemmeno comprenderne il perché.

E dopo la disperazione del secondo conflitto dunque, proprio per queste millenarie ragioni del cuore, per parafrasare Pascal, il movimento dei "non si parte" assunse l'aspetto di una vera e propria resistenza antimilitarista.

Proponendosi come testa di ponte tra le ragioni dei diseredati della Terra e quelle di chi rivendicava una Identità millenaria, fatta di cultura, di lavoro, di rispetto dell'altro. Di accoglienza di culture affatto diverse, nel rispetto reciproco. Opzioni culturali che venivano, invece che subite, progressivamene assorbite nella ricchezza del Pensiero Meridionale e Siciliano.

Questo significò, dal 1943 la resistenza dei "non si parte"

Maurizio Castagna

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