Tra il 1845 e il 1849 il mondo vide consumarsi l’olocausto per fame del popolo irlandese.
La peronospera, tecnicamente l’oomicete Phytophthora infestans, imperversò nel paese devastando le piantagioni di patate e pomodori, le derrate principali della dieta degli irlandesi indigenti. In ogni altra epoca, ciò non sarebbe bastato a falcidiare in modo così inumano i poveri, soprattutto i contadini poveri. Ma che si sia trattato di un genocidio, cinicamente programmato, oggi nessuno ne dubita, se non qualche studioso legato alle narrazioni asimmetriche proposte dal dominatore, in questo caso il colonizzatore inglese, a scapito della verità storica e delle evidenze documentali. Qualcuno, servile in modo umiliante, ha pensato di accennare ad una dieta dimagrante ante litteram, scelta liberamente dai disgraziati che crollavano sotto i morsi della fame. Del resto, anche tra giornalisti ed accademici, se ne fa sempre più esperienza, ci sono quelli che “tengono famiglia”.
In effetti fu un genocidio di massa sostenuto dalla politica economica britannica, proprio perché, assieme al fungo killer, imperversò la legge dei mercati, la radicalizzazione del liberismo sfrenato, oggi diremmo del turbo capitalismo o del liberismo speculativo, insensibile ai diritti dei lavoratori, capace invece di garantire la spropositata sete di ricchezza dei pochi a scapito delle moltitudini disperate ed affamate. Economia che prevedeva la cancellazione di un sistema basato sui piccoli coltivatori della terra, con il consolidamento della grande proprietà terriera, saldamente in mano ad imprenditori inglesi, che mirava alla produzione di prodotti destinati all’esportazione. E che per questo raggiungevano quotazioni talmente alte che, se anche fosse stato possibile farlo, non avrebbero potuto essere acquistati dagli stessi contadini che, come manodopera, provvedevano alla loro produzione. Come oggi avviene in Africa, ad esempio, con le Compagnie straniere che monopolizzano la proprietà delle miniere delle terre rare, dei diamanti e dell’oro, lasciando solo le briciole dei loro profitti nel Continente. I liberisti di allora, con spietato cinismo, avevano programmato, sostenendone i presupposti, l’annientamento della popolazione indigente in soprannumero. Ciò avrebbe permesso di controllare le ricorrenti spinte all’indipendentismo degli irlandesi anche se, per eterogenesi dei fini, ciò si rivelò un calcolo assolutamente sbagliato, fomentando una memoria intrisa d’odio e rivalsa tra i cittadini dell’isola. Furono però raggiunti gli altri obiettivi, specialmente dal punto di vista economico e finanziario.
Il mancato intervento britannico a sostegno della popolazione ridotta alla fame, fu perciò giustificato dalle iniziative parlamentari volte a sostenere l’asserzione che non bisognasse abituare gli irlandesi a vivere di carità pubblica, e ad essere sostenuti da una economia assistenzialista, lasciando così la popolazione a morire nelle strade o ad elemosinare un pezzo di pane.
Quello che riuscì con ostinata violenza a Stalin in Ucraina, nel secolo successivo, la triste vicenda ricordata come Holodomor, era stato messo a punto, con perfido distacco, dalla democratica Inghilterra nell’ottocento.
Ma la Corona e Westminster fecero di peggio.
All’aumento spaventoso delle morti per fame di adulti, vecchi e bambini, risposero con blande misure di sostegno, ma sottoposte a “condizioni”
Chiunque avesse voluto accedere alle “Workhouses”, gli alberghi dei poveri destinati ad accogliere gli indigenti e i malati, avrebbe dovuto rinunciare alla fede cattolica e “papista”, per abbracciare quella anglicana o, tutt’al più, quella presbiteriana, mentre i capifamiglia avrebbero dovuto rinunciare alla O’ gaelica davanti al cognome, il morfema indicante la discendenza maschile, anglicizzando così le proprie generalità; peggio accadde, in conseguenza di un semplice decreto della democraticissima Inghilterra, il piano Grey, alle giovani fanciulle adolescenti orfane di uno o entrambi i genitori, morti per le spaventose condizioni di vita nelle contrade irlandesi, costrette, per evitare di essere lasciate a sé stesse senza poter accedere alle Workhouses, questa era la forma di ricatto, ad imbarcarsi per l’Australia, dove vi era carenza di donne, ed a sposarsi con i coloni, oppure a concludere la propria triste esistenza in condizioni di semi schiavitù domestica o nei bordelli di Sidney o Adelaide.
L’ultimo scempio emerse dalle dichiarazioni dei rappresentanti pubblici che rovesciarono tutto il peso di quella tragedia sugli stessi contadini e piccoli proprietari, quelli più colpiti dalla povertà e dalla fame. Essi vennero indicati come scansafatiche e millantatori, come nemici del popolo della Gran Bretagna e del progresso, superstiziosi ed ignoranti. Il ministro del Tesoro Trevelyan e il ministro per le Colonie Grey, fecero di tutto per rendere digeribile quell’orrendo crimine alla pubblica opinione inglese, mentre il mondo appariva distratto. La stampa vittoriana, razzista e cortigiana, non fece che da cassa di risonanza e l’agnello a valle pagò le colpe del lupo a monte.
Purtroppo il passato non passa mai ed il futuro sembra essere alle nostre spalle. La democrazia, mentre ti parla di diritti, colpisce al cuore con inusitata violenza.
Storia magistra vitae, intelligenti pauca.
Non conoscevo questa storia, grazie