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L’eterna guerra perché nulla cambi

Immagine del redattore: MaurizioMaurizio

Sapete quanti militari italiani sono morti, dal 1949 ad oggi, nelle cosiddette missioni di pace, per

Corvo nero posato su una tomba
Corvo su una tomba

il supponente “dovere di proteggere” da parte degli eserciti occidentali?

Ben 171 militari, più 15 civili legati alle missioni, più Miran Hrovatin e Ilaria Alpi, Maria Grazia Cutuli, Almerigo Grilz e almeno altri 10 reporter e cine operatori di guerra

Senza voler considerare i 369 ragazzi morti, finora, a causa dell’Uranio 238, conosciuto come “impoverito” e che ha seminato disperazione e dolore nelle missioni in Kosovo e in Afghanistan. Con loro, e conteggiando solo i militari, questo “insano” paese, questa matrigna che chiede il sangue dei suoi figli dal 1861 con guerre coloniali, stragi interne (la maggior parte avvolte dal mistero) e guerre eterne, questa cosiddetta madre patria, è riuscita ad uccidere 537 militari in tempi di pace diffusa, conclamata e demagogicamente sbandierata da decisori pubblici un po' servi, un po' vigliacchi e un po' miserabili.

Già, ma chi è accecato dal prestigio, e vuole rendere omaggio al padrone di turno (gli Stati Uniti e la Nato, ovvio, e perché no, le centrali finanziarie mondialiste) non bada a distinguere tra ciò che è necessario e ciò che è buono e giusto. Quindi, l’opposizione alla umana pietà, non provoca sforzo né di sintesi né di comprensione. Ti rispondono “E’ necessario” senza che tu possa dibattere che forse potrebbe non esserlo ed anche se lo fosse sarebbe inumano.

Il meccanismo di prevenzione e gestione delle crisi internazionali, chiamato arrogantemente “dovere di proteggere”, da parte degli eserciti della Nato, letto come principio giuridico, quasi “costituzionale”, postula che i rappresentanti istituzionali dei Paesi che vi aderiscono siano “buoni”, “i” buoni. Quindi che si battano per la giustizia e siano i paladini dell’unica Verità possibile, e il pegno per essere ammessi a discernere il Vero dal Menzognero, ed essere abbagliati dalla Bellezza della democrazia liberista e consumista, come da luce accecante fuor di tenebra, è l’essere invasi e vinti, oppure fornire uomini e mezzi alla poderosa macchina bellica degli occidentali.

La forza bruta, come ammonì un violento che ne fece esperienza, un tale Hitler, non val nulla senza un’idea (buona, cattiva, persino malvagia) che la sostenga. Eh, è difficile chiedere agli uomini di morire o semplicemente di sacrificarsi senza che colgano un buon motivo per farlo.

Quindi, qualsiasi retorica patriottarda val bene una messa (magari per l’appoggio del Vaticano), un voto in più o in meno, qualche “morticino”.

La Patria non è la Nazione, tantomeno la Comunità, la Patria è lo Stato, da noi il celeberrimo “stato repubblicano”, quell’insieme di Istituzioni che regolano la vita civile (ed incivile) del paese. E quando il paese è costituito da tante parti messe insieme grazie all’intervento straniero e quando i suoi rappresentanti sono sempre stati alla mercè di interessi apolidi e inconfessabili, ecco che il sacrifico dei “figli” può essere richiesto e ribadito soltanto con frenetici evviva, fanfare e marcette, racconti fantastici e mistiche celebrazioni, il tutto poggiato sul nulla, vale a dire su documenti storici contraffatti, su altri semplicemente negati, su omissis, atti secretati, vergogne messe sotto il tappeto.

E vai, con la retorica risorgimentale, con l’italietta coloniale, con la necessaria (di necessità si fa virtù) partecipazione alla prima guerra mondiale, come co-belligeranti con l’antico nemico, con la conseguente “vittoria mutilata”, con l’impero che risplende sui colli mentre il sole sorge e gli abissini vengono gasati, con la democrazia repubblicana buona e giusta, anche se annegata in fatti di sangue mai chiariti nemmeno per un po', con i valori della resistenza, seppur nati in una guerra civile combattuta ferocissimamente da entrambe le parti, cosa che ha lasciato strascichi ed odi mai risolti, con le stragi compiute da “perfidi individui, traditori nell’ombra e, in sovrappiù, deviati da non si sa quale retta via” (e mai organizzate e gestite da amici, sodali e, soprattutto, alleati), fino a quella boutade del patto Stato-Mafia. Boutade che vorrebbe consegnare alla gogna soltanto alcuni, mentre in galera ci dovrebbero finire tutti. E poi quali camorra e mafia? Quelle prima benedette nel 1861 dai britannici e poi celebrate dagli statunitensi nel 1945, anche se “non si dice, non si scrive e soprattutto non si insegna a scuola”? Utili, più ai secondi che ai primi, per dirigere e governare la politica e i suoi rappresentanti, in Parlamento e fuori dal Parlamento. E a risolvere faccenduole come l’eliminazione di personaggi scomodi, facciamo, che so, Mattei, Olivetti, Tchou e Moro.

Pertanto, è necessario (oltre ad essere cosa buona e giusta) inviare uomini e mezzi per sostenere gli angli e i sassoni, statunitensi, britannici e cavalieri teutonici inclusi, alleati (occulti o palesi) di sempre

E l’italico potere esercita così quell’innegabile disposizione dell’Homo Sapiens ad ingannare con perfida duttilità, per confondere il nemico, ma più ancora l’amico, con suggerimenti fraudolenti e deplorevoli millanterie

Eppure, l’uomo, da migliaia di anni, si è industriato a ragionar per schemi, in modo conseguenziale. “Se” è accaduto questo “e” quest’altra era la condizione data, “e” questi i fatti accaduti “e” discordanti i documenti ritrovati, “allora” non può essere avvenuto che quest’altro, non certamente cosa si tramanda. Non vale solo per le scienze, la matematica, la medicina (se vedo questo, e aggiungo quest’altro, allora il risultato è dato per forza di cose-presumibilmente, e fino a verifica successiva), vale anche per la storia e la cronaca. E invece pare che gli italiani, benché furbi e geniali come li si dipinge con una aneddotica copiosa, riescano a far spallucce quando qualche povero idiota, destinato all’estinzione, li prega di riflettere. E per bonomia, noia, scelleratezza o insipienza, applaudono sempre e comunque al potente di turno. Imbandierati nel tricolor, specialmente dopo avventurose tenzoni sportive, quelle che non costano nulla al tifoso invasato, nemmeno lo sforzo di un pensiero.

E l’appoggio alla Nato si palesa dal 4 aprile del 1949 inviando, ad esempio in Kosovo e in Afghanistan, i fantaccini senza protezioni contro la nebulizzazione del mostro chimico, un po' come un altro sedicente campione dell’Italia “gloriosa ed invincibile” aveva inviato altri, antichi loro commilitoni in Russia, senza le scarpe adatte ed i cappotti pesanti. E non mi si dica non sia la stessa cosa. È la tronfia supponenza del figlio irresponsabile che crede d’esser più bravo del papà. Soprattutto più furbo e intelligente, mentre è soltanto un inguaribile scellerato. E ci sarebbe da ridere se questa vergognosa pratica di infilarsi in ogni buco per vivere di luce riflessa non costasse la morte di uomini, soprattutto di giovani uomini. È l’insulto alle masse italiane, riunite a forza sotto una sola bandiera, ma egualmente disconosciute da patrigno e matrigna e mandate a morire, per quella bandiera, e per innumerevoli altre turpi ragioni, come atto dovuto. Mai nessuna nazione italica, precedente all’Unità di tutte, aveva tenuto in così basso conto i propri cittadini, ognuna disposta a rinunciare alla gloria dei maggiori, pur di difendere chi non aveva che la vita e la prole come ricchezza.

Uccidere i giovani. Pare un dejà vu o una costante. Con un passato così problematico (usiamo termini che lascino al lettore dubbi e considerazioni di parte, come sembra ovvio e giusto) appare coerente e logico che oggi si vogliano vaccinare i dodicenni per proteggere le terga agli anziani, specialmente se questi anziani hanno da difendere posti di potere e vogliano anche ingraziarsi i sommi sacerdoti del nuovo globalismo liberista.

Del resto l’ufficiale preposto alla ricerca degli “innocenti” da vaccinare è lo stesso che comandava uomini e mezzi in Kosovo e in Afghanistan ed io, senza sapere né leggere né scrivere, voglio essere talmente cattivo (è ovvio che non possa essere annoverato tra i buoni, se come postulato ciò che sembra necessario fare è il bene, il bello ed il vero) da pensare che la Storia è proprio mamma di vita e che “quando si tratta di Storia, la morale non interviene più” (Simone Weil-La Prima Radice) e tutto può essere giustificato e, ahimè, ratificato nel ”si quis negaverit…anathema sit” contro il dissenso, il dubbio e il libero contraddittorio.

MAURIZIO CASTAGNA

 
 
 

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