In ricordo e in nome di Ivan
- Maurizio Castagna
- 3 lug
- Tempo di lettura: 2 min
Sono quasi le tre di notte. Dormire, non se ne parla. Quando si mette in moto quel meccanismo

che ti spinge a rivedere i tuoi comportamenti, le tue omissioni, le manchevolezze che hanno segnato il tuo essere viandante in questa terra, hai un bel che rigirarti nel letto. C'è sempre quella luce fioca che ti aspetta in fondo al tunnel dell'oblio e che non ti permette il lusso di rimandare a domani le pene e le riflessioni che ti angustiano. E' andato via il mio amico Ivan. Solo, è andato via. Non aveva altro che pochi amici, una famiglia no. Il papà da un pò non c'era più. Era stato il ragazzino che mi faceva da secondo nella palestra casertana dei mei anni di giovane uomo. Sempre buono, dolce, mai una parola fuori posto. Del resto, suo padre, operaio e gran lavoratore, era stato per lui anche la figura materna. Una madre che lo aveva abbandonato da piccolo e che aveva indelebilmente segnato il suo vissuto. Da tempo non lo vedevo, qualche volta su FB commentavamo reciprocamente fatti e pensieri. Poi, la circostanza che fossi andato via da Caserta già nel 1995, non mi aveva dato più la possibilità di sapere di lui e in modo costante, benchè avessi notizie dai suoi amici. Ma ciò che mi strazia è questa solitudine nella morte che è uno scempio per qualsiasi coscienza che non sia indurita dall'egoismo e dalle idiozie del tempo presente. Morire sarebbe un bell'andare, con qualcuno accanto. Così è devastante, da soli. Lo immagino disperato nell'istante dell'attacco di cuore, e non riesco a darmene pace. Solo, è caduto e morto da solo. E non mi resta che rimpiangere di non essere andato a trovarlo quando, nei rarissimi ritorni a Caserta, nemmeno il tempo di prendere un caffè, fuggivo poi via, la smania di tornare a casa, come se fosse davvero necessaria tutta quella fretta. Non ti vedrò domani mentre chiudono a chiave la tua ultima dimora, ma il mio pellegrinaggio al luogo del tuo riposo, mi vedrà costantemente presente. Ma a cosa serve, poi, questo andare ai luoghi della quiete e del silenzio dei nostri amici? Serve davvero? O serve invece trovare tempo e spazio per ognuno di loro, specialmente per i più soli, i più disperati, quando ancora li si può abbracciare e carezzare? Io, che penso ai mali del mondo, e dimentico il dolore di chi mi passa accanto, davvero posso credere di tacitare il mio tormento che sale amaro a invelenire la mia coscienza, momento dopo momento, in questa notte che sto odiando? Addio Ivan caro, perdona le mie assenze, i miei mancati ritorni, la stretta di mano che non ti ho più dato. E adesso ingoio le mie lacrime, aspettando l'alba.
Maurizio Castagna
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