Come insegna Borges, le storie si possono raccontare ad una dimensione o inventando due
universi paralleli. Si possono seguire gli insegnamenti del tomismo o di San Pier Damiani.
San Tommaso credeva che non potesse essere cambiato il passato, pena dover affrontare le infinite conseguenze e complicazioni derivanti da un unico atto artatamente modificato. San Pier Damiani ammetteva che, se Dio avesse voluto, avrebbe potuto “non esser stato ciò che è stato”.
Capita così con la storiografia italiana e, a cascata, con le storie che si raccontano ancora oggi. Intorno alla politica, alla mafia, sui trascorsi della cronaca, quella di ieri e quella del tempo che fu.
Ometto, per carità di patria, di raccontare chi fu davvero Garibaldi, all’atto costitutivo di una Italia unita che avrebbe fatto meglio a riconoscersi federale in nome di una Cultura unica al mondo, ma di tradizioni e indirizzi produttivi e sociali diversi territorialmente. E chi fu, davvero, Bixio. L’uno negriero, fuorilegge, stupratore, capitato al posto giusto nel momento giusto. L’altro ch’ebbe in sorte, dall’avventura garibaldina, il seggio nelle più prestigiose amministrazioni di società quotate in Borsa, con titoli di pregio finiti nelle sue tasche. Entrambi più eroici nel fucilare contadini e poveri cristi, derubare le casse delle banche nazionali del sud appena conquistato e trescare con gabellotti e camorristi, che nel combattere un esercito in fuga, mal comandato e mal consigliato come quello borbonico. Sta di fatto che, durante la marcia in terra siciliana, accompagnati non da mille uomini ma da migliaia di mercenari ungheresi e inglesi, non si faceva un passo se non dopo che la Marina britannica non avesse dato il via libera, dopo aver cannoneggiato naviglio e difese fortificate borboniche.
Da questa favola sul tipo di Elena di Troia e di quella guerra combattuta per onore di un marito cornuto, ne sortiscono fuori altre perché, se si vuol seguire l’insegnamento di Pier Damiani, a un primo evento modificato fanno seguito migliaia di altri ad esso concatenati e da modificare.
E perciò, il 4 novembre, una guerra disumana, inutilmente consumata (gli imperi centrali, ex alleati, ci avevano promesso le terre irredente se fossimo almeno rimasti neutrali) si celebra la giornata con madama demagogia e messer retorica a pranzo e a cena.
Si tace sia sul fatto che entrammo in guerra per la corruzione, da parte dei nuovi alleati, del Re e dei socialisti neutralisti che facevano capo al futuro duce, ma soprattutto per favorire lo sviluppo di aziende manufatturiere in crisi, come FIAT ed Ansaldo.
Piene di debiti prima del conflitto, piene di risorse finanziarie dopo la produzione forzata di guerra nelle loro fabbriche (una delle prime richieste dei sansepolcristi fu la requisizione completa dei profitti di guerra, fatto salve le spettanze per i lavoratori: purtroppo, le feroci divisioni ideologiche, non permisero che i socialisti massimalisti si accodassero a quelle rivendicazioni).
Perciò ci furono 600.000 morti, quasi tutti ragazzi provenienti dalle classi più umili e dalla piccola borghesia, e nessun vantaggio reale in termini di acquisizioni territoriali. Anzi, gli alleati trescarono per umiliare il paese, negando anche quello che avremmo acquisito se fossimo rimasti neutrali.
Ma, ciò che umilia di più e ciò che ferisce, è il mancato ricordo di quei turpi comportamenti dei generali italiani, Cadorna in testa, millantato eroe che non aveva mai affrontato una battaglia in vita sua, che portarono all’accreditamento delle decimazioni di massa: nemmeno una parola, nemmeno un cenno, un ricordo di quei poveri giovani ammazzati per pura crudeltà, per allontanare dallo Stato Maggiore l’onta di battaglie perse per l’infingardaggine dei generali.
E’ già condizione volgare che la storia non sia raccontata per vero e per intero ma, di più, proprio questo agire e pensare dei risorgimentalisti, costruire perciò un passato che sia in linea con la neo storia che raccontano, produce, inevitabilmente, come affermava san Tommaso, conseguenze di illimitata tragicità in ciò che ne discende, da “quell’unico evento modificato”.
I misteri che avvolgono questo strano paese, questa espressione geografica, eppure ricca di cultura immortale, voluta Nazione su atto di imperio di Francia e Gran Bretagna, producono ancor oggi storie e controstorie, falsi d’autore e verità misconosciute, dal delitto Matteotti al sabotaggio dell’aereo di Mattei, dalla fuga del re da Roma, con i comunicati incomprensibili di Badoglio alle truppe abbandonate e allo sbando, al referendum tra Monarchia e Repubblica, dalla strage di Portella agli opposti estremismi, dal delitto Moro all’omicidio Dalla Chiesa, dal caso Contrada alla latitanza di Provenzano e Riina, dal caso Moby Prince all’abbattimento del volo Itavia, dalla strage della stazione di Bologna a quella dell’Italicus, dall’attentato di Capaci a quello di via D’Amelio, dai giochi di magia, su improvvisati tavolini da medium, di un illuminato professore bolognese ai silenzi del capitano Ultimo, dalle audizioni richieste dalla magistratura, e contestate e rifiutate, di almeno due presidenti della Repubblica, alle gole profonde di certi mafiosi, alle contestazioni all’antimafia in servizio permanente effettivo. Perché una Istituzione che invera se stessa e si insinua nella Memoria collettiva con la forza dirompente della Menzogna, adornandosi di un diadema di inganni, non può che continuare a vivere, pensare, agire che nella Menzogna. Affannandosi continuamente, i maitre a penser accreditati, nel ricucire e rimestare storie passate e presenti, cercando di far collimare, non date e località, ma conseguenze di queste con le premesse di quelle, racconti di oggi come frutto degli accadimenti di ieri, carteggi falsi e certificati come veri, in luogo di quelli veri ma documentati come falsi.
Si può fare, dimostrano gli italiani, con buona pace di san Tommaso e con una punta di orgoglio da parte di san Pier Damiani.
MAURIZIO CASTAGNA
Commenti